Netanyahu vince (ancora): tra scandali e carisma, le mille sfide del premier più longevo di Israele
Nessun primo ministro ha mai governato per cinque mandati: per lui l’elezione è il discrimine tra il carcere e la Storia
Il premier israeliano Netanyahu va verso il quinto mandato: il suo partito, il Likud, e quello di Benny Gantz, Blu Bianco, conquistano 35 seggi ciascuno, ma a livello di coalizione di governo, quella di destra del premier può contare su 65 seggi su 120 alla Knesset contro i 56 attribuibili al centrosinistra di Gantz. Duro colpo ai laburisti di Gabbai, appena 6 seggi, minimo assoluto in decenni di storia del partito. Meretz ha 4 seggi e le due liste arabe complessivamente 10 seggi, tre in meno rispetto alle politiche 2015.
Gli prospettavano la galera; avrà altri quattro anni di governo. “Grazie per aver creduto in me, e per averci creduto più che mai. E’ una vittoria storica, contro tutti i media che mi tifavano contro…”. I buu dei militanti del Likud ai giornalisti suggellano l’ennesimo trionfo di Benjamin “Bibi” Netanyahu, che nella notte festeggia con la moglie lo scampato pericolo.
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Israele, Netanyahu verso il quinto mandato: «È una vittoria immensa»
I suoi avversari speravano che una fornitura vitalizia di champagne alla first lady – “la signora Sara lo preferisce rosé, Dom Pérignon mi raccomando” – avrebbe cambiato la storia del Medio Oriente. Ma più degli scandali hanno potuto le spoglie di un soldato ucciso 37 anni fa in Siria, il sergente Zacharia Baumel, restituite a Netanyahu da Putin in persona. Un gesto dal forte impatto simbolico su un popolo che ha il senso del sacrificio e della memoria. E anche un messaggio politico: Israele non è isolato; gli americani hanno portato l’ambasciata a Gerusalemme, i russi attestati a Damasco non sono ostili; perché cambiare?
Conquistando il quinto mandato che dovrebbe farne il premier più longevo, più di David Ben Gurion fondatore dello Stato, Bibi conferma la sua centralità. Non ha stravinto; il rivale,Benny Gantz, è alla pari; ma l’unico che può formare una coalizione di governo è ancora lui. Tutta la sua politica, del resto, si fonda sull’alternanza tra la paura e la forza. Israele è accerchiata dal nemico iraniano, che prepara l’atomica e nel frattempo arma, addestra, finanzia Jihad e Hamas a Sud, Hezbollah a Nord, il regime di Assad a Est. Ma Israele non è mai stata così sicura da quando Netanyahu dialoga con i satrapi del Medio Oriente, da Al Sissi ai sauditi, e stringe accordi con i potenti del mondo.
Con Putin parla in russo, la lingua della madre; il padre era polacco. Da ragazzo, Benjamin di cognome si chiamava Mileikowski; in America divenne Netanyahu, che in ebraico significa dono di Dio. Americana è la sua formazione. Con Obama si sono detestati. Bibi si è dato la missione di resistergli; ce l’ha fatta. Ora Obama tiene conferenze, lui ha trovato un presidente che lo capisce. Trump ha riconosciuto la sovranità israeliana sul Golan (“abbiamo fatto bene a tenercelo, i siriani ci avrebbero bombardati dall’alto e soprattutto non avrebbero mai fatto un cabernet-sauvignon come il nostro” ti dicono sorridendo nei bar dove si seguono le prime proiezioni elettorali). E ora Trump appoggerà l’annessione di parte della Cisgiordania.
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