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sábado, 1 de abril de 2017

italia es divisa in due los que se descuernan a trabajar y quien no pegan golpe

C’è un’Italia di superlavoratori. Gente per cui le 12 ore al giorno sono la norma. E la colpa non è solo delle tecnologie e della reperibilità a oltranza. Spesso — paradosso dimenticato — a creare nuovi stacanovisti è stata la stessa crisi. Parliamo di infermieri, addetti alle consegne, pubblicitari, esperti di marketing e comunicazione, consulenti. In generale, professionisti dei servizi più che del manifatturiero. Su un punto il superlavoro non discrimina: riguarda i senior specializzati tanto quanto i giovani al primo impiego. «T’immagini se da domani davvero tutti quanti smettessimo! Quante famiglie sul lastrico, altro che crisi del dollaro, questa sì sarebbe la crisi del secolo», cantava Vasco Rossi. Era il 1985. Nel frattempo il secolo è cambiato. Oggi i superlavoratori non vagheggiano nessuna rivoluzione, sanno di essere dei privilegiati. Di certo non hanno alternative perché sulla sponda opposta del mercato del lavoro ci sono quelli che il posto non ce l’hanno. O i sempre più numerosi forzati del part time involontario, costretti ad accontentarsi di uno stipendio dimezzato. Che volentieri prenderebbero il loro posto.

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